LA VITA NON E’ UN FILM (nella buona e nella cattiva sorte)

Drigo, Bardella, Scatto, Groppi, Gallimberti…

Allo stadio c’erano 100mila persone, ameno per gli occhi di un bambino di 7 anni come me.

Prova a immaginartelo: la gente, i colori, i tamburi, il tifo. Fu amore a prima vista.

E’ passata una vita intera e – come per tutti – è cambiato moltissimo. Il mio mondo non è più quello di allora, la mia vita e la mia città non sono più come quelle di allora.

Le cose cambiano, tutto cambia e quasi mai si riesce a fare qualcosa per evitare che succeda. Anche nel caso in cui vorresti che non cambiasse mai, per nulla al mondo.

E allora ti metti a contare le pochissime che resistono, che non cambiano. I rari punti fermi della tua storia personale.

Uno di questi è quella maglia, stesso identico colore che ha riempito i miei occhi di allora. Stesse emozioni.

Da allora è successo di tutto; pensa che hanno pure tentato di portarmela via la mia squadra, la mia storia. No, non ci sono riusciti. E’ tornata, siamo tornati.

Perché io e i miei fratelli non molliamo proprio mai e ciò che non ci toglie la vita o il destino, non ce lo facciamo certo strappare via facilmente. Siamo allenati, vaccinati, siamo quelli di forte Alamo.

E allora non prendertela se non riesco a capire, ma proprio non riesco a capire come si possa amare o non amare questa squadra, questi colori, a seconda della categoria, di un giocatore, di un risultato, di una prospettiva. Non critico, è solo che non lo capisco. Un film lo vai a vedere se pensi ti possa piacere o eviti di farlo in caso contrario. Ma per me e quelli come me, questo non è un film, è parte della mia storia. E’ parte della mia vita e non la voglio abbandonare; nella buona – ma ancor più – nella cattiva sorte!

Mi basta vedere mio figlio con la maglia della curva, un adesivo su un cartello stradale, un Capitano che indossa fiero i nostri simboli, per abbandonare ogni sconforto e trovare l’entusiasmo per spaccare il mondo. Di nuovo. Come prima e – se possibile – di più.

Cosa cazzo vuoi che sia un virus, un’autocertificazione, una partita deludente.

Per me seguire e amare il mio Mestre non è un diritto, ma un dovere morale. Verso nessun altro che non verso me e la mia storia. Perché il Mestre sono io. E vorrei solo che in tanti la pensassero come me. Quest’anno ancor di più. Oggi più di ieri.

Stai anche tu più vicino a questa squadra. Quest’anno ancor di più, oggi più di ieri. Fidati di me.

Sinceramente,

ACS

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