Triestina-Mestre 3 – 4. E’ nato il “Grande Mestre”.

Quattro pullman, decine di auto, qualcuno in treno. Alla fine i mestrini – solo in curva – saranno oltre 350. La domenica della supersfida di Trieste inizia presto, quando le prime avanguardie di tifosi, ancora assonnate, si ritrovano al parcheggio del cimitero.

I primi ad arrivare sono una ventina di vecchi amici, con macchine e un furgone noleggiato per l’occasione. Amicizia nata allo stadio, ai tempi dei Fedayn, il gruppo portante del tifo anni ’80 e da allora amici anche nella vita. Tiziano Bergamo (il Tito) era uno di loro e questo è in assoluto il miglior modo per ricordarlo.

Alla loro partenza si incrociano con i primi Orange Insanity, che già attendono i loro pullman. Ma a Trieste arriveranno tutte le anime nuove e storiche della tifoseria: gli Head Out e gli Arancioneri 100%, che al loro interno racchiudono i vecchi Ultras Mestre, Irriducibili ecc.

La partita ha tutti i requisiti per entrare nella storia del club di Casa Mestre: prima contro seconda. Non una seconda qualsiasi, ma la grande Triestina che fa affiorare ricordi di sfide passate, compresa quella del 2001, quando, nella finale dei playoff per la promozione in C1, gli alabardati sconfissero gli arancioneri di mister Costantini, Plolesel, Siviero & C., salendo di categoria.

Aggiungiamoci pure uno stadio e un’organizzazione (complimenti alla Triestina) da serie A e quasi 7000 spettatori sugli spalti e si potrà immaginare facilmente il profumo che circondava il Rocco, uno di quelli che si indossano solo nelle grandi occasioni.

C’è da scommettere che fosse lo stesso che aleggiava fra i giocatori orange al momento di varcare i cancelli dell’impianto triestino. Che partita sarà?

“Dai, oggi non importa vincere, qui se si porta a casa un punto è oro che cola: distanza invariata fra le due squadre e andiamo a giocarcela in campi più abbordabili”.

Peccato che questa sia una dichiarazione ipotetica, che probabilmente sarebbe potuta uscire dalla bocca di tanti in una situazione del genere, compresi molti tifosi.

Ma non dalla quella della Banda Zironelli. Perché la lucida follia di questa squadra non permette ragionamenti di questo genere; perché qui da Mestre si parte e ce la si gioca sempre, anche davanti a 6/7000 spettatori, anche davanti alla Triestina.

Ne è uscita una partita entusiasmante, con le due squadre che hanno combattuto a viso aperto, ribattendo colpo a quello avversario fino al 94′ minuto.

La fase di studio dura poco e Kabine e Sottovia da una parte e Turea e Serafini dall’altra assaggiano l’area avversaria già nel primo quarto d’ora.

Al 26′ è ancora Serafini che la alza troppo di testa ma dopo tre minuti la Triestina è in vantaggio: da una ribattuta difensiva il bel sinistro di Turea si insacca alle spalle di Rossetto e il boato del pubblico di casa fa perdere il senso della categoria. Ma questo Mestre non si scompone, neanche fosse reduce da San Siro, e ricomincia a macinare le proprie trame. Insomma a giocare al calcio come sa.

E’ il 36′ quando il bravissimo Fabbri pennella per Pettarin che vola alto e di testa realizza il gol dell’1 a 1.

Non basta: al 43′ Sottovia prova il tiro, centrale ma velenoso. Tanto da indurre il portiere avversario ad un’incertezza fatale e portare il Mestre a rientrare negli spogliatoi in vantaggio per 2 a 1.

“Tutti al proprio posto“, urla il megafono degli ultras. Comincia il secondo tempo.

Gli alabardati cercano di reagire ma è il Mestre che si fa più pericoloso in ripartenza e Kabine detto il biondo, si libera benissimo ma il suo sinistro incoccia clamorosamente sul palo alla destra di Voltolini.

Al 68′ la Triestina pareggia: Dos Santos, entrato al posto di Serafini, schiaccia di testa a 2 metri dalla linea di porta e segna il gol del nuovo pareggio: 2 a 2.

E’ la mezz’ora quando un sontuoso Franco Baresi… pardon, Matteo Gritti, conquista palla nella propria metà campo e ara il terreno del Rocco per trenta metri palla al piede, fino ad imbeccare Zorro Sottovia che non aspetta altro per realizzare un gol davvero bellissimo in quanto a sviluppo e conclusione finale. In gradinata nord è tripudio arancionero.

I padroni di casa tentano l’ennesima reazione, con Leonarduzzi di testa, e la palla esce di un soffio, Ma è il Mestre che allunga: è ancora Fabbri che imbecca il subentrato Zecchin in posizione regolare e queste cose uno come Zecco non le sbaglia quasi mai. Di sinistro insacca il 4-2.

Il terzo gol alabardato, giunto nei minuti di recupero, serve solo a rendere onore ad una grande squadra ed al suo altrettanto grande pubblico, ma non ad adombrare la festa arancionera, che a fine gara si consuma col suo rituale di sempre, con la squadra ad intonare i cori insieme ai propri tifosi. Bello notare come questo epilogo stia diventando così famoso da trattenere sugli spalti per qualche minuto in più anche migliaia di triestini, con i falsh dei cellulari che incorniciano il tutto, come in un sogno.

E’ sera quando in un autogrill del Friuli una comitiva di turisti sgrana gli occhi nel vedere torce, fumogeni e cori nel momento esatto in cui la porta del loro pullman si apre. Solo qualche attimo più tardi si accorgeranno che dietro di loro stava parcheggiando il pullman di quelli che tutti oramai chiamano “il Grande Mestre”.

Foto di Marco Parente

 

 

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